7 marzo: S. Tommaso d’Aquino, il Dottore Angelico

San Tommaso nacque nel 1225 dai Conti d’Aquino nel castello di Roccasecca, non lontano da Montecassino. Secondo il costume dell’epoca, a cinque anni fu mandato per gli studi nell’Abbazia di Montecassino; ma verso l’età di 14 anni fu costretto a lasciarla, perché nel 1239 venne occupata militarmente dall’imperatore Federico II. L’abate consigliò i genitori di fargli continuare gli studi a Napoli. Lì ebbe l’opportunità di conoscere alcuni scritti di Aristotele, ma soprattutto conobbe i frati domenicani e ne fu attratto. Malgrado l’opposizione della famiglia, finalmente poté entrare nell’Ordine di San Domenico. Fu inviato per gli studi a Colonia dove ebbe come maestro S. Alberto Magno, il quale, dopo l’ordinazione, lo propose come insegnante all’università di Parigi. San Raimondo di Peñafort, già Generale dell’Ordine Domenicano, gli chiese di scrivere un trattato teologico per aiutare i missionari che avevano bisogno di una preparazione filosofica adeguata, per dare una base razionale alla esposizione della dottrina cristiana e confutare le obiezioni che venivano mosse contro la fede dai pensatori arabi e giudaici: fu così che scrisse la “Summa contra Gentiles”, vera apologia delle verità cristiane contro gli errori di tutti i tempi; piena di rispetto e amore  verso gli erranti, ma ferma e implacabile contro gli errori. Nel 1259 fu richiamato in Italia dove continuò a predicare ed insegnare, prima a Napoli, poi ad Anagni dov’era la curia pontificia (1259-1261), poi ad Orvieto (1261-1265), dove il papa Urbano IV aveva fissato la sua residenza. Ad Orvieto ebbe dal papa l’incarico di scrivere la liturgia e gli inni della festa del Corpus Domini, istituita l’8 settembre 1264, a seguito del miracolo eucaristico, avvenuto nella vicina Bolsena nel 1263. Fra gli inni composti da Tommaso d’Aquino, dove il grande teologo profuse tutto il suo spirito poetico e mistico, c’è il famoso “Pange, lingua, gloriosi Corporis mysterium”, di cui due strofe inizianti con “Tantum ergo”, si cantano da allora ogni volta che si impartisce la benedizione col SS. Sacramento. Nel 1265 fu trasferito a Roma, a dirigere lo “Studium generale” dell’Ordine Domenicano, che aveva sede nel convento di Santa Sabina: ebbe il compito di organizzare i corsi di teologia per gli studenti della Provincia Romana dei Domenicani. Si rese conto che non tutti gli allievi erano preparati per un corso teologico troppo impegnativo: perciò cominciò a scrivere per loro una “Summa theologiae”, per “presentare le cose che riguardano la religione cristiana, in un modo che sia adatto all’istruzione dei principianti”. Questa sarà la grande opera teologica, che gli darà fama in tutti i secoli successivi. All’inizio del 1269 fu richiamato di nuovo a Parigi: dovette confutare con celebri scritti gli avversari degli Ordini mendicanti da un lato e dall’altro difendere la filosofia di Aristotele. Confutò alcuni errori dottrinari dell’averroismo sull’origine del mondo, sull’anima umana e sul libero arbitrio. Nel 1272 ritornò in Italia, a Napoli, ove organizzò, su richiesta di Carlo I d’Angiò, un nuovo “Studium generale” dell’Ordine Domenicano, insegnando per due anni al convento di San Domenico, il cui Studio teologico era incorporato all’Università.


Il Crocifisso prodigioso
Oggi esposto nella Cella di San Tommaso d’Aquino

Una notte era in preghiera davanti al Crocifisso (oggi venerato nell’omonima Cappella, della Basilica di S. Domenico Maggiore in Napoli), egli si sentì dire “Tommaso, tu hai scritto bene di me. Che ricompensa vuoi?” e lui rispose: “Nient’altro che te, Signore”. Le numerose visioni hanno ispirato ai pittori di raffigurarlo con una luce raggiata sul petto o sulla spalla. Essendosi ammalato, due religiosi videro una grande stella entrare dalla finestra e posarsi per un attimo sul capo dell’ammalato e poi scomparire di nuovo, così come era venuta. Nel 1274, dalla Francia papa Gregorio X, ignaro delle sue condizioni di salute, lo invitò a partecipare al Concilio di Lione, indetto per promuovere l’unione fra Roma e gli orientali. Partito in gennaio, si ammalò in viaggio e si fermò all’abbazia cistercense di Fossanova. Prossimo alla fine, volle ricevere gli ultimi sacramenti, fece la confessione generale, e quando gli venne portata la Comunione, attorniato dai monaci e amici dei dintorni, Tommaso pronunciò queste parole: “Io ti ricevo prezzo della redenzione della mia anima, io ti ricevo viatico del mio pellegrinaggio. Per tuo amore ho studiato, vegliato, ho sofferto. Tu sei stato l’oggetto della mia predicazione, del mio insegnamento. Nulla mai ho detto contro di te. Se non ho insegnato bene su questo sacramento, lo sottometto al giudizio della santa Chiesa romana, nella cui obbedienza lascio questa vita”. All’alba del 7 marzo 1274, il grande teologo morì, a soli 49 anni; aveva scritto più di 40 volumi.

L’Ordine Domenicano nel 1278 dichiarò il “Tomismo” dottrina ufficiale dell’Ordine. Papa Giovanni XXII ad Avignone, lo canonizzò il 18 luglio 1323: a chi gli obiettava che Tommaso non aveva compiuto grandi prodigi né in vita né dopo la morte, il papa rispose con una frase rimasta famosa: “Quante proposizioni teologiche scrisse, tanti miracoli fece“. Fu proclamato nel 1567 da San Pio V Dottore della Chiesa; e da Leone XIII il 4 agosto 1880, patrono delle scuole e università cattoliche.

Episodi della sua vita

Averroè, filosofo musulmano, affermava che esiste un solo intelletto per tutti gli uomini, e diceva che questa era la dottrina di Aristotele, di cui si dichiarava discepolo. Quest’errore faceva danni anche presso i cristiani: se vi è un solo intelletto per tutti, allora non vi è più nessuna differenza tra gli uomini, né diversità di meriti. Vi era il rischio che gli uomini si sarebbero allontanati dal condurre una vita retta. A Parigi, un soldato era prossimo alla morte. Gli venne chiesto se voleva ottenere il perdono dei suoi peccati, ed egli rispose: “se l’anima di San Pietro è salva, anche io mi salverò: poiché se tutti noi conosciamo con lo stesso intelletto, finiremo tutti alla stessa maniera”. Dato che quest’errore si stava divulgando grazie anche a sofismi, San Tommaso compose un’opera in cui, oltre alle ragioni di fede, mostrò come quella dottrina era contraria alla ragione, riprendendo le parole stesse di Aristotele che Averroè aveva mal inteso. Ognuno di noi ha un’anima unita al nostro corpo. Se l’intelletto fosse uno solo per tutti gli uomini, non si potrebbe spiegare come “questo uomo” (hic homo) intenda, e tutti verrebbero a coincidere nell’identico atto dell’intendere. L’errore venne sradicato.

Sigieri di Brabante, vicino ad alcune posizioni di Averroè, affermava che la fede e la ragione potessero rispondere in modo non solo diverso, ma addirittura opposto alla stessa domanda; per di più si doveva tenere per buone entrambe le risposte. In pratica si separava in maniera schizofrenica l’intelletto umano, errore che sarà ripreso da Lutero. Per Tommaso, invece, la fede e la ragione, se rettamente intese, non possono mai essere in contrasto tra loro, provenendo entrambe da Dio; “Ogni verità, da chiunque venga affermata, proviene dallo Spirito Santo”, essendo Dio l’unica fonte della verità, sia essa naturale o rivelata. L’uomo conosce il mondo attraverso la ricerca filosofica, fondata sulla ragione. La ragione da sé sola può pervenire alla certezza (cosa che sarà negata da Kant). La fede non si sostituisce alla ragione ma eleva quest’ultima alla perfezione. La ragione, inoltre, può svolgere un ruolo utile alla fede in tre modi: dimostrando i “preamboli della fede”, spiegando e rendendo accessibili le verità della fede, difendendo la fede dalle critiche e dalle obiezioni. Le verità di Fede, provenendo direttamente da Dio, hanno un grado di certezza superiore alle verità di ragione. “Una vecchietta ora sa di più nel campo della fede, che non una volta tutti i filosofi. La fede è molto più potente della filosofia, per cui, la filosofia non va accolta, se in contrasto con la fede”.