Sodalitium n° 72. NOVITA’

Sommario

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Editoriale pag. 2
Stabat Mater. La presenza di Maria ai piedi della Croce di Gesù pag. 6
Comunicato dell’Istituto Mater Boni Consilii sul “Motu Proprio” Traditionis Custodes pag. 21
Marxisti, Esoteristi e Massoni contro il “Nuovo Ordine ­Mondiale”? pag. 23
Recensioni. Il Gesuita comunista pag. 33
La dolorosa ferita del ­“Ralliement” dei cattolici alla ­Repubblica francese … pag. 36
“Gli Zuavi Pontifici e i loro nemici” pag. 43
Il Santo Abbandono pag. 48
Del tutto invalido e ­assolutamente nullo pag. 49
La vergogna continua pag. 51
Ricevuti in redazione pag. 52
Ogni promessa è debito: la ­risposta agli attacchi contro Mons. Benigni pag. 52
Il dibattito sui vaccini pag. 53
Un ricordo di don Anthony Cekada pag. 60
Ladri di fotografie pag. 62
Vita dell’Istituto pag. 64
Abuso della divina Misericordia pag. 79

Editoriale

“Porco Giuda” (esclamazione popolare)

Pochi ricordano (ad eccezione di Marcello Veneziani) l’editore Giovanni Volpe (1906-1984), figlio del più celebre storico Gioachino. Eppure, pur non appartenendo a strettamente parlare alla cosiddetta scuola controrivoluzionaria (era di un’altra generazione, ancora legata al Risorgimento) tanto fece – a sue spese – per la formazione intellettuale e umana della gioventù cattolica tradizionale in Italia (ricordo i convegni di storia a San Miniato al Tedesco). In occasione della rivoluzione modernista del Vaticano II, le edizioni Volpe stamparono numerosissimi libri in difesa della Tradizione Cattolica, e tra questi ne ricordo uno, a causa del suo titolo: “La Chiesa di Giuda?”. Ne era autore un altro storico, ed esperto di massoneria, che fu a fianco di Mons. Lefebvre alla nascita della sua opera: Bernard Faÿ (1893-1978). L’opera, pubblicata in francese nel 1970, fu subito tradotta in italiano, e riferendosi al Vaticano II portava come sottotitolo le parole del Vangelo secondo San Matteo XXVI, 16: … Giuda cercava l’opportunità di tradirlo. L’autore, umilmente, precisava in un’avvertenza che il suo era uno studio storico e non teologico, lasciando le questioni dottrinali ai “teologi competenti”; ed in effetti, da un punto di vista strettamente teologico non esiste una “Chiesa di Giuda”. Esistono però dei Giuda ancora nascosti nella Chiesa di Cristo, così come Giuda, diventato ormai traditore, rimase nascosto nel collegio apostolico fino al giardino degli ulivi: non a caso il Signore ha permesso che tra i suoi ci fosse un traditore, affinché non ci scandalizzassimo di tutti i traditori che si sono succeduti nella storia della Chiesa; essa ha avuto da patire, e tuttora patisce, non solo dai nemici esterni e dichiarati ma anche e direi soprattutto dai nemici interni e nascosti. Ce lo ricorda San Pio X: “che i fautori dell’errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch’è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d’ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell’opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo. Fanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi” (enciclica Pascendi). Non solo nemici della Chiesa, quindi, ma tra i più dannosi di essa, proprio come Giuda. Come Giuda, per Mons. Benigni, il modernismo “è il traditore della Chiesa”. Già l’Apostolo San Paolo si dichiarava “in pericolo da parte di falsi fratelli” (i giudaizzanti: 2 Cor. 11, 26) ed i modernisti sono veri discendenti dei falsi fratelli di allora.
Non stupisce allora la simpatia che detti modernisti provano per il traditore per eccellenza, ovvero Giuda Iscariota, e ne ipotizzano (o affermano) la salvezza. Si tratta di una aberrazione già vecchia (cf. ad esempio Sodalitium n. 41, p. 29; Sodalitium n. 50 I novissimi secondo Giovanni Paolo II; Sodalitium n. 60, pp. 55-56: qui siamo sotto Ratzinger!). Se già Wojtyla e Ratzinger giustificano Giuda, figuriamoci Bergoglio! Ed infatti, il Giovedì Santo del 2021 (la notte del tradimento!), il primo aprile (non è uno scherzo, purtroppo) L’Osservatore Romano ha dedicato il suo numero non al Sacerdozio o all’Eucarestia, ma al Traditore. In prima pagina è pubblicato un quadro ripugnante in cui è raffigurato un Gesù nudo chino su Giuda, seminudo e morto suicida (l’albero è sullo sfondo), il tutto sotto il titolo: Gesù e lo scandalo della misericordia. Misericordia verso chi? Ma verso Giuda, ovvio! (e dietro a lui, a fortiori, i suoi emuli ed imitatori di ieri e di oggi). Il direttore de L’Osservatore, Alberto Monda, spiega nel suo editoriale chi è l’ispiratore se non il committente di quel numero del Giovedì Santo dedicato a Giuda: “Papa Francesco”, e ci informa del fatto che “dietro la scrivania del Santo Padre” vi sono due immagini: la prima è quella di un capitello della basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, che raffigurerebbe “Giuda impiccato” e Gesù Buon Pastore “che lo porta sulle spalle”; l’altra è per l’appunto il quadro orripilante che un “fedele francese” gli ha donato in seguito ad un accenno di Bergoglio al suddetto capitello. A pagina 2 e 3 vengono pubblicati un passo del “cardinal” Martini dal libro Le tenebre e la Luce, uno dello scrittore Giuseppe Berto, L’uomo più solo, tratto dal libro La gloria, uno di Giovanni Papini, Mistero di un no, tratto dalla Storia di Cristo (con Il Diavolo, libro messo all’Indice, Papini sosterrà anche il futuro perdono di Satana), e l’omelia di don Primo Mazzolari per il Giovedì Santo del 1958: Nostro fratello Giuda, ove “la Tromba dello Spirito Santo in terra mantovana” (Giovanni XXIII dixit) afferma che i primi santi ad entrare in Paradiso furono Giuda ed i due ladroni (sì: non uno, ma due). Stranamente, non sono riportate le parole stesse di Bergoglio, che a don Mazzolari si ispira. Lo facciamo noi. Le ha pronunciate il 16 giugno 2016, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, in occasione dell’apertura del convegno ecclesiale della diocesi di Roma: “Mi è venuta tra le mani – voi la conoscete sicuramente – l’immagine di quel capitello della Basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, nel Sud della Francia, dove incomincia il Cammino di Santiago: da una parte c’è Giuda, impiccato, con la lingua di fuori, e dall’altra parte del capitello c’è Gesù Buon Pastore che lo porta sulle spalle, lo porta con sé. È un mistero, questo. Ma questi medievali, che insegnavano la catechesi con le figure, avevano capito il mistero di Giuda. E Don Primo Mazzolari ha un bel discorso, un Giovedì Santo, su questo, un bel discorso. È un prete non di questa diocesi, ma dell’Italia. Un prete dell’Italia che ha capito bene questa complessità della logica del Vangelo. E quello che si è sporcato di più le mani è Gesù. Gesù si è sporcato di più. Non era uno “pulito”, ma andava dalla gente, tra la gente e prendeva la gente come era, non come doveva essere”. E chi non crede ai suoi occhi, crederà almeno alle sue orecchie: https://www.youtube.com/ watch?v=Y2bs9c74SAc
Il capitello di Vézelay è così importante per Bergoglio che il 9 marzo, il 2 agosto ed il 2 ottobre 2017, è tornato sul tema. Ma davvero il capitello di Vézalay (che non è nel sud della Francia) raffigura il Buon Pastore che prende Giuda sulle spalle? L’immagine di Giuda impiccato e quella del Buon Pastore che porta con sé il peccatore non rappresentano piuttosto le due opposte immagini di chi rifiuta o di chi accetta la misericordia di Dio? O addirittura il Buon Pastore, come pare, non c’entra affatto? Chi pare che c’entri è piuttosto il primo che ha interpretato in questo senso il capitello, ovvero il “teologo” ridotto allo stato laicale Eugen Drewermann (cf. Il Timone, n. 162, aprile 2017) in un libro che l’editrice “cattolica” Queriniana pubblicò giusto nel 2015. In ogni caso un capitello val meno del Vangelo che rivela la dannazione del “figlio della perdizione” per il quale sarebbe stato meglio non essere mai nato.
Nell’antichità i Cainiti gnostici venerarono Giuda, i Misericordiosi origenisti lo vollero salvo; oggi i neo-modernisti lo eleggono a loro apostolo. Un articolo del 2018 (Giuda Apostolo e Diavolo. Bergoglio Papa e Diavolo?) difende la bizzarra idea che sì, Bergoglio è come Giuda, un “diavolo” (Gv. 6, 71-72). Ma Giuda era al contempo Apostolo e Diavolo: il suo seggio non era vacante; lo stesso si può dire di Bergoglio. L’articolista dimentica che una cosa è essere Apostolo, altra essere Papa; una cosa essere Apostolo prima della fondazione della Chiesa, altra esserlo dopo; una cosa è essere Apostolo al momento della chiamata, altra esserlo al momento del tradimento. Confondendo ogni cosa si confondono anche le idee. Giuda era Apostolo quando fu chiamato: lo era ancora, avendo perso la fede, al momento del tradimento, se non esteriormente? E se lo era, ancora non era fondata la Chiesa, e neppure era destinato, come Pietro, ad essere il Capo visibile della Chiesa. E tutto questo per dire che il Vicario di Cristo è un Diavolo, senza accorgersi del fatto che questa strana fedeltà a Bergoglio è offensiva per il Cristo di cui un ‘diavolo’ sarebbe Vicario e rappresentante non solo esteriormente e umanamente (materialiter) ma anche realmente (formaliter).
Continuiamo piuttosto ad opporci al modernismo ed ai modernisti, principali nemici della Chiesa, nascosti nella Chiesa ma non rappresentanti della Chiesa. Lasciamo agli autoproclamati “moderati” difendere una Autorità alla quale negano nella pratica ogni autorità.
È questa la linea di questa rivista, linea rimasta immutata dal 1986 ad oggi.