SODALITIUM n. 75
Aprile 2024
→ Scarica Sodalitium 75 in formato PDF
Sommario
- Editoriale [pag. 2]
- San Paolo apostolo è l’inventore del cristianesimo? [pag. 6]
- L’OSSERVATORE ROMANO [pag. 30]
- Il “Sodalitium”… theatinum! [pag. 52]
- Intervista sulla situazione dei cristiani in Terra Santa [pag. 65]
- RECENSIONI
- Cristina Campo: facciamo chiarezza nel centenario della nascita [pag. 68]
- Radio Spada e la Fraternità non sono ‘tranquilli’ [pag. 73]
- Ancora sulla storia del “Tradizionalismo”: Louis Salleron e Jean Madiran [pag. 75]
- “Ottimo autore, pessimo editore”… [pag. 77]
- Vita dell’Istituto [pag. 78]
Editoriale
Era il Natale del 1983 quando uscì il primo numero di Sodalitium, allora semplice bollettino di un priorato della Fraternità San Pio X: abbiamo quindi passato i quarant’anni di pubblicazione, il che è pur sempre un traguardo non indifferente. In tutti questi anni, la nostra rivista ha cercato di contribuire a realizzare uno degli scopi del nostro Istituto: “rappresentare per tutti i fedeli che lo desiderassero – così recitano gli Statuti – e particolarmente per i propri membri, in questi tempi di disorientamento, uno strumento per perseverare nella fedeltà assoluta al depositum Fidei rivelato da Dio e proposto dal Magistero infallibile della Chiesa”. E anche per chi non si riconosce nelle nostre posizioni e non accorda la propria fiducia al nostro Istituto, Sodalitium è stato comunque un punto di riferimento intellettuale importante e serio in questi decenni durante i quali la tempesta scatenatasi nella Chiesa e contro la Chiesa dal Vaticano II in poi si è solamente ingrossata, divenendo ormai spaventosa e ben percepibile per tutti coloro che conservano un barlume di Fede. Ai nostri giorni si preferiscono, è vero, le notizie continuamente aggiornate, le continue novità, la comunicazione audiovisuale, mentre una rivista come la nostra, per giunta dalla periodicità molto irregolare, può sembrare marginale nel panorama del cosiddetto “tradizionalismo”, il quale, prima sull’onda degli incoraggiamenti ratzingeriani (facenti parte di una strategia chiaramente descritta a Messori dall’allora ‘cardinal’ Ratzinger nel libro-intervista Inchiesta sulla Fede, consistente nel favorire una interpretazione moderata del Concilio allo scopo di svuotare la reazione dei suoi oppositori) e poi sull’onda della reazione agli scandali sempre più evidenti di J. M. Bergoglio, e alla sua strategia di ‘repressione’ del “tradizionalismo” (eccezion fatta per la Fraternità San Pio X), ha creato quello che potremmo chiamare una sorta di “neo-tradizionalismo” che ha fatto quasi dimenticare i primi oppositori al modernismo conciliare. Oggi, i capifila ‘mediatici’ di tanti “tradizionalisti” e di tanti oppositori dell’attuale occupante della Sede Apostolica sono personaggi che a volte nulla sanno delle battaglie degli anni ’60, ’70 o ’80 (magari stavano dall’altra parte), o che si oppongono alle eresie di Bergoglio in nome di ‘san’ Paolo VI, ‘san’ Giovanni Paolo II, o del futuro ‘san’ Benedetto XVI, alzando magari la bandiera della collegialità conciliare contro il governo accentratore dell’attuale occupante della Sede. A questi rumorosi e attivissimi laici e sacerdoti (spesso ordinati col nuovo rito) sempre presenti sul web non fanno d’ostacolo una Fraternità dal profilo basso (impegnata al massimo nel difendere la legittimità del loro benefattore di Santa Marta) o le congregazioni “ex-Ecclesia Dei” “ex-Summorum Pontificum” obbligate al silenzio, quando non commissariate e disciolte per motivi poco chiari.
Le riflessioni fin qui fatte non rigettano affatto il valido contributo di nuove leve, e persino un ritorno in sé di chi occupa di fatto, nella Chiesa, posti di responsabilità, al contrario! A condizione però che si tratti di un vero e integrale ripensamento, e che non si tratti, invece, di un abile “gestire l’opposizione” (in buona o cattiva fede, poco importa).
Il recente intervento di mons. Viganò sul “vizio di consenso”, per cui l’eletto del Conclave non avrebbe realmente accettato l’elezione a Sommo Pontefice stante la sua intenzione (oggettiva e abituale, avrebbe precisato padre Guérard des Lauriers o.p.) di non procurare il bene ed il fine della Chiesa sarebbe finalmente un passo avanti verso la verità e quindi la soluzione della crisi: l’ho precisato in un mio breve contributo pubblicato da Duc in altum. “Sarebbe”… ma lo è? Sono troppe le cose non ancora chiare che ci impediscono di sostenere – stando così le cose – l’azione del vescovo italiano. Ne faccio un breve elenco: solo poco prima del suo intervento, mons. Viganò aveva calorosamente approvato il volume di don Di Sorco (Fraternità-Radio Spada) tutto teso a dimostrare (sic) che Bergoglio è indiscutibilmente il legittimo Papa: a quale mons. Viganò bisogna credere? In secondo luogo, corre voce, ed il vescovo non ha smentito né confermato, che mons. Viganò sarebbe stato consacrato su condizione da mons. Williamson; se da un lato la cosa rassicura dal punto di vista delle ordinazioni che mons. Viganò potrebbe fare, o ha già fatto, dall’altra getta ulteriore confusione: mons. Williamson è notoriamente “una cum”, ovvero convinto della legittimità di ‘Francesco’. Come pure notoriamente in comunione con Bergoglio, e ordinati col nuovo rito, sono i sacerdoti della disciolta “Familia Christi” (che come Pietro Siffi gravitavano su Ferrara, prima di trasferirsi presso Viterbo) che, lo si è appreso recentemente, collaborano e vivono con mons. Viganò. Il quale, infine, deve parte della sua notorietà alla mescolanza di tematiche religiose a tematiche politiche che riteniamo inopportuna (anche in questo, come nelle ordinazioni ‘segrete’, mons. Viganò pare in sintonia con mons. Williamson). Se poi dobbiamo parlare di mons. Williamson la confusione cresce: per lui i nuovi riti del sacramento dell’Ordine sono quasi certamente validi, e però sono dubbi, ma Dio opera dei miracoli durante la nuova messa che quindi è valida, e ci si può assistere, mentre un tempo lo negava… Capisca chi può. L’unica cosa certa è che il vescovo inglese (che pretende appartenere ancora alla Fraternità dalla quale è stato espulso) ordina sacerdote o consacra vescovo più o meno segretamente chi si rivolge a lui, sia esso “una cum” oppure no. Ancora una volta, capisca chi può.
Per tornare a mons. Viganò e ai sacerdoti suoi collaboratori: celebrano la Santa Messa in comunione con ‘Francesco’ oppure no? Non è dato saperlo. Ma quel che pare certo è che comunque (altro motivo di dissenso da parte nostra) riconosce la piena legittimità – pur non lesinando delle critiche – dei ‘Pontefici’ succedutisi sulla cattedra di Pietro da Paolo VI a Benedetto XVI. Ma allora i testi del Vaticano II, pur criticati, appartengono al magistero della Chiesa? Un magistero (orribile da pensarsi!) falso e ingannatore? La piaga del lefebvrismo (col suo dogma, mi si perdoni la battuta, della “fallibilità del papa”) fa danni ancor oggi.
Abbiamo parlato (e criticato) mons. Viganò, al quale chiediamo tuttavia di credere al nostro rispetto. Tra i nuovi oppositori di ‘Francesco’ ci sembra, infatti, il più vicino alla verità. I giornali etichettano infatti, a volte, come “tradizionalisti” dei membri della gerarchia ‘materialiter’ come Müller, Sarah, Burke, o il vescovo Schneider, che non solo riconoscono in Bergoglio il Vicario di Cristo e nel Vaticano II il magistero della Chiesa, ma che celebrano abitualmente o comunque anche con il nuovo rito montiniano. Riguardo a loro si può solo auspicare una radicale evoluzione della loro critica agli errori che stanno minando dall’interno la Chiesa, senza di che il loro unico ruolo sarebbe (ed è) quello di aumentare la confusione.
Confusione, e falso argomento, che è quello dell’illegittimità di Bergoglio (quest’ultimo oramai sempre meno difendibile) non a motivo di vizio di consenso (posizione corretta) o di eresia (posizione dei ‘sedevacantisti’) ma a motivo dell’invalidità delle dimissioni di Benedetto XVI, che sarebbe stato quindi, fino alla morte, il legittimo Papa. Non ha senso addentrarsi nelle polemiche su munus ed officium o sulle costituzioni apostoliche di Giovanni Paolo II, se pensiamo al fatto che l’uno e l’altro (Wojtyla e Ratzinger) sono stati convinti assertori degli errori del Vaticano II incompatibili col magistero della Chiesa: ecumenismo, dialogo interreligioso, libertà religiosa, collegialità, riforma liturgica e così via, per cui non potevano dimettersi che dall’aspetto materiale (l’elezione) del Papato, ma non certo da quello formale che non possedevano per i motivi suddetti. La tanto deprecata pachamama di Bergoglio non è peggio dei riti voodoo lodati da Wojtyla, il quale, assieme a Ratzinger, non ha mai esitato a pregare nei templi pagani, nelle sinagoghe o nelle moschee. In tanta confusione di idee, infine, non aiuta certo a sapere cosa fare chi, come il prof. Viglione, scrive dotti libri per spiegare che neppure lui sa se Bergoglio è, o no, il Vicario di Cristo, ma che comunque assiste solo ed esclusivamente alle messe in comunione con lui (non ne dubitavamo). Va bene che sapere di non sapere è l’inizio della sapienza, ma in questo caso sarebbe forse più opportuno il silenzio.
In tanta confusione di idee, è proprio il caso di dirlo, i poveri fedeli si orientano con difficoltà. Li affidiamo alla Madonna del Buon Consiglio. La nostra rivista, che si rinnova anche nei collaboratori e che non corre dietro alle notizie dell’ultimo momento (ho voluto farlo solo in maniera sommaria e un poco superficiale, lo ammetto, in queste righe) si sforza di dare ai lettori spunti di riflessione ponderata, assieme ad altre iniziative, come i convegni da noi organizzati. Dopo il numero speciale su mons. Benigni (e la storia della Chiesa nella prima metà del Novecento, che ha preparato i nostri giorni) ritorniamo ad un formato classico; un nuovo giovane collaboratore riprende la vecchia rubrica L’Osservatore Romano mentre altri articoli esulano dall’attualità e dalla polemica e vogliono essere sodamente formativi come quelli sull’apostolo s. Paolo e sui Teatini. La classica rubrica Vita dell’Istituto, che non si trovava nello scorso numero, sarà infine particolarmente densa: è forse quella che è letta per prima e di più. Quanto a noi della vecchia guardia, siamo vicini al cursum consummavi e dobbiamo guardare di più alla Vita che verrà che alle vicissitudini di questa terra: quanti ci hanno preceduto ci ricordano l’Eternità che ci aspetta; ci conceda il Signore la perseveranza e una santa morte in grazia di Dio.
don Francesco Ricossa