La vita di don Pio Edgardo Mortara, ebreo convertito

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INTRODUZIONE
Verso la fine del XIX secolo scoppiava il “caso Mortara”. Nel presente articolo non mi dilungherò tanto sul “caso” (1), quanto sulla conversione miracolosa del fanciullo ebreo così come ci è stata raccontata da lui stesso (2).

“IL CASO”
Il fanciullo venne battezzato in pericolo di morte dalla bàlia cristiana, poi sopravvisse inaspettatamente; la Chiesa non lo restituì ai genitori; il giovane divenne poi sacerdote e morì in odore di santità.
La patria potestà del genitore ebreo non venne violata, poiché in caso di conflitto tra i diritti della Chiesa (di ordine soprannaturale) e quelli pretesi dei genitori (di ordine naturale), prevalgono quelli superiori.
Ora il battesimo conferito validamente ha reso il neonato soggetto alla Chiesa (questa è una verità di Fede); se la Chiesa rinunciasse a questo articolo di Fede rinuncerebbe a tutta la Fede, poiché essa è indivisibile, e se violata su un solo articolo, è completamente persa.
La Chiesa proibisce di battezzare i figli dei non cattolici contro la volontà dei genitori, ma una volta che il battesimo è stato conferito, essa pur punendo il trasgressore degli ordini (tranne il caso in cui il neonato fosse in pericolo di vita, come accadde al Mortara), non può negare la realtà e la verità di Fede: che il bimbo battezzato è un cristiano! Il Codice di diritto canonico del 1917 al comma 750 paragrafo 1° insegna che: «Se prudentemente si prevede che il bambino morirà prima di raggiungere l’età di ragione, si può lecitamente battezzare il bambino, anche contro la volontà dei genitori. Se la morte è certa, lo si deve battezzare, purché lo si possa fare senza grave danno alla religione. Se la morte è solo probabile è lecito battezzarlo».
Perciò la proibizione di battezzare vale solo per i neonati di genitori acattolici che non vogliono il battesimo, e per quelli non che non si trovano in pericolo certo o anche soltanto probabile di morte. Il battesimo del piccolo Mortara fu non soltanto valido ma anche lecito, anzi dovuto, data la gravità della sua malattia che non lasciava più speranze.

LA VITA
Secondo quanto dichiarò lo stesso Canonico Regolare Lateranense don Pio Edgardo Mortara al processo per la beatificazione di Pio IX (3), attorno al 1912: «Nato da genitori israeliti (a Bologna il 21 agosto 1851 n.d.r.), all’età di circa 17 mesi fui sorpreso da una grave malattia, neurite, che mi ridusse all’estremo… Accortasi del pericolo la fantesca, Anna Morisi, cristiana ed ottima giovane di 16-18 anni (abitante in Persiceto n.d.r.) che i miei genitori, malgrado le leggi allora vigenti nello Stato Pontificio ritenevano al loro servizio (4), prese la determinazione di amministrarmi il S. Battesimo. Colto il momento in cui mia madre mi aveva lasciato solo nella culla, si avvicinò …e mi battezzò… Il fatto fu mantenuto nel più assoluto segreto dalla Morisi, sorpresa della mia pronta guarigione. Sei anni dopo, un mio fratellino di nome Aristide, cadde gravemente ammalato. Sollecitata, …la Morisi da una sua amica, a battezzare il bambino in extremis, essa si ricusò di farlo (il bimbo poi morirà n.d.r.) allegando per ragione la mia sopravvivenza al Battesimo, e così fu rivelato il segreto. Giunta in tal modo la notizia del mio Battesimo a conoscenza dell’autorità ecclesiastica ordinaria, questa giudicando che il caso era troppo grave per essere della sua competenza, ne riferì direttamente alla Curia Romana. …Il S. Padre per mezzo di una Congregazione Romana, incaricò il Feletti (Padre domenicano e inquisitore in Bologna n.d.r.) della mia separazione dalla famiglia, la quale ebbe luogo, cum auxilio brachii secularis, cioè intervenendo i gendarmi dell’Inquisizione (i gendarmi ovviamente non erano della S. Inquisizione, ma della Legione Gendarmi Pontifici di Bologna n.d.r.) …il 24 giugno 1858. Fui condotto dai gendarmi a Roma (a Fossombrone il fanciullo desiderò, miracolosamente, seguire i carabinieri alla Messa n.d.r.) e presentato a Sua Santità Pio IX, il quale mi accolse con la più grande bontà, e si dichiarò mio padre adottivo, come di fatto lo fu, finché visse incaricandosi della mia carriera e assicurando il mio avvenire. …Pochi giorni dopo il mio arrivo a Roma, ricevuta l’istruzione religiosa, mi furono supplite le cerimonie del Battesimo dal cardinal Ferretti…
Otto giorni dopo si presentarono i miei genitori all’Istituto dei Neofiti per iniziare le pratiche onde riavermi in famiglia. Essendo stata data loro piena facoltà di vedermi e trattenersi con me, prolungarono la loro residenza in Roma per un mese venendo tutti i giorni a visitarmi. …Adoperarono tutti i mezzi per riavermi… Ad onta di tutto ciò io non mostrai mai la più lieve velleità di ritornare in famiglia, del che io stesso non so rendermi ragione, se non mirando alla forza soprannaturale della Grazia. A questo proposito citerò un aneddoto, nel quale si rivela questa potenza della Grazia. Avendo io servito la Messa in Alatri… tornando in sacrestia col Sacerdote, repentinamente si presentarono i miei genitori sulla porta. Io invece di gettarmi nelle loro braccia, come sarebbe stato ben naturale, mi ritrassi sorpreso rifugiandomi sotto la pianeta del Sacerdote. (…) Il Sommo Pontefice… aveva l’intenzione di affidarmi ai Padri Gesuiti… ma riflettendovi meglio, per non porgere pretesti alle polemiche… mi collocò nel Collegio di San Pietro in Vincoli… diretto dai Canonici Regolari Lateranensi. (Il Papa n.d.r.) mi prodigava sempre le più paterne dimostrazioni d’affetto, e… ripeteva spesso che gli ero costato molte pene e lacrime. Incontrandomi a passeggio mi chiamava e come buon papà si divertiva con me nascondendomi sotto il suo mantello rosso…. Intanto nella stampa …di tutto il mondo si manteneva gran chiasso sul ratto del fanciullo Mortara» (5).

VARIE POLEMICHE
Infatti dopo l’allontanamento del fanciullo da Bologna, la prima reazione la si ebbe in ambiente liberale, poi del caso s’impadronì la stampa. Il punto di vista cattolico fu difeso da La Civiltà Cattolica, in una serie di articoli dovuti alla penna del Padre Curci (6). Anche il Veuillot e dom Gueranger si schierarono a battaglia per difendere Pio IX. Per sei mesi questa polemica, divampò nel mondo intero. Le Comunità Israelitiche piemontesi avevano interessato frattanto i Concistori di Francia ed Inghilterra. Quest’ultima, cui Roma rimproverava l’educazione coatta in asili anglicani agli orfani dei caduti cattolici Irlandesi in Crimea, aveva chiesto la chiusura del collegio ove era stato posto il Mortara. Pio IX capì che occorreva dare una risposta categorica e autorevole, basata sul principio che lo spirituale deve preferirsi al temporale e che la Chiesa deve curare la salvezza dell’anima di un fanciullo diventato cristiano anche senza il suo ­diretto intervento, e i genitori Mortara devono imputare questo fatto spiacevole e straziante a se stessi, in quanto avevano preso a loro servizio una serva cristiana, violando così le leggi dello Stato Pontificio in cui abitavano quando successe il “caso”. Il Papa chiedeva soltanto che nel suo Stato si osservasse esattamente quello che egli stesso avrebbe osservato in tutti gli altri e asseriva: “Si perda ogni cosa piuttosto che togliere a Cristo un’anima che Egli ha comprato col suo Sangue”. Il Papa essendosi persuaso, dopo opportune ricerche fatte fare, della validità del Battesimo, non poteva permettere che un cristiano venisse educato nella religione giudaica, nonostante il caso fosse umanamente straziante!
La questione si riaprì in Bologna nel 1859, con la costituzione del Governo Provvisorio che avrebbe preparato i plebisciti e l’annessione del marzo 1860. Pio IX era irremovibile sulla decisione di non restituire il fanciullo a chicchessia. Il 14 novembre 1859 venne abolito in Romagna il Tribunale della S. Inquisizione, i ministri di culto vennero assoggettati alla legge sarda e venne abolito il Foro ecclesiastico. Padre Feletti fu la prima vittima di queste disposizioni; egli non s’era mosso da Bologna, dal suo Convento di S. Domenico, benché prevedesse quanto stava per succedergli. Il suo atteggiamento semper idem fu improntato a grande dignità, mai giunse a compromesso, ripetendo sempre d’aver agito in modo conforme a quanto la carica che ricopriva esigeva da lui. Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1860 il Direttore Generale di Polizia Piemontese, cav. Curletti arrestò il P. Feletti domenicano inquisitore del S. Uffizio. Il domenicano fu condotto alle carceri del Torrone e dopo due mesi di detenzione ebbe inizio il processo. Fin dal suo primo interrogatorio rispose che: “I giudizi della Chiesa non vanno soggetti a nes­sun’altra autorità a lei inferiore… non essendo lecito a nessuno  farsi giudice delle decisioni emanate dalla Sede Apostolica nella materia di fede e di costumi… La coscienza mi vieta assolutamente di dare alcuna risposta” (7). Fu anche preso di mira l’Arci­vescovo di Bologna cardinale Michele Viale Prelà.
Il Padre Feletti fu assolto il 16 aprile 1860; il reverendo domenicano aveva dichiarato circa il giovane Mortara: “Io non posso fare a meno di manifestare quello che concerne la misericordia di Dio verso questo fanciullo, e i prodigi della sua Grazia per mantenerlo buon cristiano. Fin dai primi momenti che … venne annunziato al padre … e dallo stesso Edgardo che questi essendo stato battezzato doveva consegnarsi alla Chiesa cattolica e quindi separarsi dalla famiglia, il suddetto fanciullo rimase, come impassibile e nel mentre che gli altri suoi fratelli e sorelle piangevano… quieto e tranquillo egli rimaneva. ….Il Sommo Pontefice ebbe la benignità di far chiamare in Roma il padre e la madre del fanciullo… affinché si accertassero della volontà del loro figlio Edgardo di rimanere nella Religione Cristiana. …I genitori… ebbero il permesso di parlare col figlio assieme col rabbino di Roma, i quali si adoperarono… di persuadere il ragazzo di ritornare tra loro. Ma egli solo, creatura di nove anni circa, seppe schermirsi dalle tentazioni del padre, della madre e del rabbino rispondendo loro che egli era cristiano, e voleva vivere e morire da cristiano, che anzi avrebbe pregato Iddio per la loro conversione» (8).
Ma la polemica non si calmò. Il Cavour, nell’ottobre 1860 assicurava L’Alliance Israelite Universelle che il governo sabaudo avrebbe fatto il possibile affinché il bimbo fosse reso alla sua famiglia.

FINE DELL’AUTOBIOGRAFIA
«La Comunità Israelitica di Alessandria in Piemonte, fece appello a tutte le sinagoghe del mondo ed organizzò una vera campagna contro il Papa e contro la Chiesa…, interpellando le potenze e supplicandole di intervenire e protestare diplomaticamente. Di fatto furono inviate proteste; insomma per quasi sei mesi durò questa polemica violenta… nella quale si davano convegno tutti i nemici del Papato e della Chiesa romana. …Pio IX, come diceva egli stesso in mezzo a quella furiosa tempesta, ad esempio del Divin Redentore tranquillamente dormiva: “ipse vero dormiebat ”.
L’11 marzo 1868… trovandomi a S. Gregorio in Monte Celio… si annunziò la visita di Sua Santità. Mi prostrai… sulla soglia della Basilica, e al passaggio del S. Padre, volendo baciare il piede, con giovanile precipitazione con la fronte detti di cozzo nel suo ginocchio con tal forza, che il S. Padre perdette l’equilibrio, e fu sul punto di cadere… Sul momento il Papa si contentò di fissare l’occhio su di me. Arrivato poi nel cosiddetto triclinio, …mi interpellò soavemente: “Ma che hai fatto oggi? Sarebbe bella che si andasse in giro dicendo che Mortara ha voluto ammazzare il Papa…”.
La paterna sollecitudine del S. Padre si palesò soprattutto ad occasione degli sconvolgimenti politici del 1870. Dopo l’entrata delle truppe piemontesi in Roma, in quei giorni d’anarchia… la ciurmaglia che la polizia era incapace di raffrenare, dopo aver strappato a viva forza dal Collegio degli Scolopi il neofito Coen (il Coen volle poi rientrare in Convento dai Padri Carmelitani, dove nel 1833 si fece Sacerdote e morì nel 1939, un anno prima del Mortara ndr) (9) e si dirigeva a S. Pietro in Vincoli per rapire anche me… Pio IX informato della mia evasione, disse queste precise parole: “Ringraziamo il Signore che il Mortara è partito”.
La benedizione di Pio IX mi accompagnò dappertutto. Anzitutto mi ottenne la forza… per non cedere alle ingiunzioni e minacce delle autorità liberali che volevano costringermi… a tornare in famiglia. (Dopo aver lasciato Roma n.d.r.) proseguii fino a Bressanone (Tirolo Austriaco), ove trovai la più calorosa ospitalità presso i  confratelli della Canonica di Nova Cella.
Si vorrà sapere quali furono i miei rapporti con i miei genitori dopo la loro partenza da Alatri. Io non ebbi più notizie di loro. Scrissi più volte delle lettere parenetiche, trattando di religione e adoperandomi di convincerli della verità della Fede Cattolica. …Tali lettere restavano senza risposta.
La paterna affezione di Pio IX a mio riguardo fu inalterabile fino alla morte. Egli dopo la soppressione delle Case Religiose, mi raccomandò al santo vescovo di Poitiers, Mons. Pie. …Soffrendo di debolezza di nervi a motivo di un eccesso di lavoro, fui costretto di smettere ogni sorta di applicazione e di dedicarmi ad esercizi manuali. Nel fausto giorno della mia prima Messa mi onorò di una lettera firmata da lui… Io non rividi più Pio IX. Dal 1870, più volte nel ritornare nell’eterna Città mi sono recato nel Campo Verano e profondamente commosso mi sono prostrato sulla sua tomba. …Egli, nel suo epitaffio, invitava i fedeli a pregare per lui: Orate pro eo. Io confesso che, quante volte ho letto quelle parole, altrettanto dissi nel mio cuore: Sancte Pie, ora pro me» (10).
In seguito il Mortara rimase per due anni a Nova Cella presso Bressanone, dai Canonici Regolari Lateranensi, sotto il falso nome di Pie Pillon; il 2 agosto 1872 passò in Francia nella nuova fondazione di Beauchesne ove ricevette gli ordini religiosi: suddiaconato il 1 settembre, diaconato il 28 ottobre 1873, sacerdozio il 20 dicembre.
La deposizione del Mortara termina con il 1878 (anno della morte di Pio IX); ma da vari altri suoi scritti è possibile ricostruire il seguito della sua vita: «Da sacerdote egli si distinse non soltanto per zelo, pietà e coerenza di vita, ma altresì per le eccezionali doti di predicatore poliglotta e per la cultura biblica. Capace di predicare in nove lingue, don Pio Mortara tenne il suo primo discorso, il 25 novembre 1874 nella Cattedrale di Poitiers per il giubileo episcopale di Mons. Pie. …Nel frattempo essendogli morto il padre, don Pio rivide sua madre a Perpignan e poi a Parigi, pregandola perché si convertisse e ritirasse in un convento… (ma invano n.d.r.). Altri dolori lo avevano colpito in quegli anni: la morte di Pio IX e del cardinal Pie… infine una nuova malattia che lo portò a due passi dalla morte, dalla quale uscì, egli afferma, miracolosamente guarito, dopo la visita di don Bosco e un’invocazione a Pio IX. Il 19 agosto 1878, partiva per l’Italia, da dove raggiunse la Spagna fino al 1888… nel 1894 sbarcò in America… Nel 1899 è a Cracovia, quindi in Oriente… Il 13 novembre 1906 aveva fissato la sua residenza all’Abbazia di Bouhay (da cui si recò due volte in Italia nel 1908 e 1912), dove celebrò il 50° e 60° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. In tale circostanza ricevette la benedizione di Pio XI. Non poté esaudirsi il suo ultimo desiderio, quello di morire in Italia. …La guerra impedì la realizzazione del progetto e, quasi novantenne, don Pio Mortara cristianamente spirava l’11 marzo 1940 nell’Abbazia di Bouhay in Belgio (l’Abbazia è stata venduta recentemente e il corpo del Mortara riposa nel cimitero di Bressaux Liege, nella tomba dei Canonici Regolari Late­ranensi n.d.r.)» (11).

Note
1) Deutch, Mortara case, in “The Jewish Ency­clopedia, vol. IX, New York London, Funk and Wagnalls Comp., 1905, pagg. 35-36.
Shmidt, Mortara, in Lexicon fur Theologie und Kirche, VII, Freiburg in Breisgau, 1935, p. 33.
A. Navarotto, L’affare Mortara nell’incubazione della guerra austro-franco-italiana, Vita e Pensiero, n. s. XXVI (1940), pag. 269-273.
S. Furlani, Mortara, in Enciclopedia Cattolica, vol. VIII, pag. 1427.
2) P. M. Mortara C. R. L., Une page de ma vie dédiée aux personnes pieuses, Strasburgo, 1893.
G. L. Masetti Zannini, Nuovi documenti sul “caso Mortara“, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, 1959, pp. 239-259.
Don P E. Mortara, El nino Mortara y Pio nono. Narraciòn autografa, sine loco et data.
V. Messori, Le cose della vita, S. Paolo, Milano, 1995, pagg. 322-326.
3) S. R. C. Summarium super introductionem Causae Beatificationis et Canonizationis Servus Dei. Pii IX Summi  Pontificis, Roma, 1954, pagg. 511-523.
4) N. L. Ferraris, Bibliotheca canonica juridica moralis theologica, n° 69, tomo IV, Venetiis, 1772, pag. 294: Inquisitores libere procedere possunt contra judeos si nutrices christianas retinuerint  (Nicola IV).
5) Deposizione di don Pio Edgardo Mortara C.R.L. al processo per la beatificazione e canonizzazione del S. D.  Pio IX, Roma 1954, pagg. 511-516.
6) Il piccolo neofito Edgardo Mortara, “La Civiltà Cattolica”, IX, serie III, vol. 12, 1858, pag. 387.
7) Atti Processo… f. 22, in F. Jussi, Studi e ricordi del foro criminale, Bologna, 1884, pagg. 282.
8) Archivio di Stato di Bologna, Atti del processo… fogli 36-41.
9) F. Ceccarelli, 1870 – La riconsegna del giovinetto Coen alla famiglia, L’Urbe, XII, 1949, n° 5.
10) Deposizione di don Pio Edgardo Mortara C.R.L. al processo…, pagg. 516-523.
11) G. L. Masetti Zannini, op. cit., pagg. 258-259.

Articolo di don Curzio Nitoglia, “Sodalitum” n. 44, novembre 1996.